L’Italia è pronta a rendere i farmaci contraccettivi disponibili gratuitamente per le donne di tutte le età, una mossa che è stata celebrata dagli attivisti per i diritti delle donne a livello nazionale e condannata dai sostenitori dell’aborto.
La decisione è stata presa dal Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) dell’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ed è ora in attesa di approvazione da parte del consiglio di amministrazione dell’agenzia prima di entrare in vigore.
Al momento, le donne in Italia devono pagare per la pillola anticoncezionale, che va dai 9 ai 24 euro a seconda della marca.
In una manciata di regioni italiane – tra cui Lazio, Puglia, Piemonte, Toscana ed Emilia Romagna – le pillole anticoncezionali sono già interamente rimborsabili, anche se con limiti di età che spesso escludono le donne sopra i 21 o 26 anni.
Rendere gratuiti i farmaci anticoncezionali a tutte le donne del Paese è una mossa che l’AIFA stima costerà all’Italia 140 milioni di euro ogni anno. Ma nonostante il costo, ha raccontato Giovanna Scraccaro di AIFA mezzi di informazione locali che “è stata una decisione importante” che consentirà una crescita potenziale del numero di donne che usano la pillola, che storicamente è stato piuttosto basso nel Paese.
L’accesso alla contraccezione è stato concesso dalla legge italiana nel 1971 dopo una lunga battaglia per il riconoscimento delle donne e dei diritti civili nel Paese.
Proteste di gruppi anti-aborto e pro-vita
Secondo i dati dell’AIFA, circa 2,5 milioni di donne in Italia usano attualmente la pillola, sia come contraccettivo che per affrontare problemi come squilibri ormonali, crampi e periodi dolorosi. Secondo l’agenzia, l’Italia non ha una tradizione di paternità pianificata ed è in ritardo rispetto alla maggior parte dei paesi europei nel numero di donne che usano la pillola anticoncezionale e altri contraccettivi.
Ma la tanto attesa decisione dell’Aifa ha scatenato forti proteste da parte dei gruppi anti-aborto e pro-vita del Paese.
Pro Vita & Famiglia, un gruppo italiano anti-aborto, ha commentato la mossa, avvertendo dei presunti pericoli della pillola anticoncezionale per la salute delle donne.
“Non c’è niente di più pericoloso per la salute delle donne che banalizzare questioni che le colpiscono direttamente, come l’aborto, la contraccezione, il genere e la prostituzione”, ha affermato Maria Rachele Ruiu, consigliere di Pro Vita & Famiglia.
“Le risorse impiegate avrebbero potuto essere destinate ad alleviare le gravi condizioni delle famiglie con figli disabili che necessitano di farmaci molto costosi che non vengono forniti gratuitamente”, ha affermato Massimo Gandolfini, leader del gruppo antiabortista Family Day.
Ma altrettanti si sono espressi a favore della decisione dell’Aifa, anche al di là delle attiviste per i diritti delle donne.
La ricercatrice Alessandra Kustermann, ex direttrice di ginecologia del Centro Mangiagalli del Policlinico di Milano, ha festeggiato la mossa dell’Aifa, definendo la decisione di rendere gratuita la pillola anticoncezionale “un buon messaggio per le giovani donne” in Italia.
“In primo luogo, dice loro che la pillola anticoncezionale è un farmaco sicuro, con meno effetti collaterali rispetto a una gravidanza indesiderata. La salute di una donna è più a rischio con un aborto o una maternità”, ha detto al Corriere della Sera.
“È una libera scelta, non un’imposizione. L’importante è che le donne sappiano che questo è disponibile ed essere libere di decidere da sole. Al momento, il metodo contraccettivo più diffuso tra i giovani è il ‘coitus interruptus’, che è anche il più rischioso. C’è una probabilità di fallimento del 14%, mentre i preservativi funzionano il 90% delle volte e la pillola il 99%, ma è usata molto meno”.
Un passo avanti, due passi indietro
L’Italia spesso sembra fare un passo avanti e due indietro nel suo approccio ai problemi di salute delle donne, mentre combatte gruppi rivali che spingono per obiettivi opposti.
Ad esempio, nonostante l’aborto sia un diritto sancito dalla legge dal 1978, l’accesso alla procedura effettiva è ancora difficile nel paese, con sette ginecologi su 10 che si identificano come “obiettore di coscienza”, secondo il Ministero della Salute italiano, e si rifiutano di eseguire aborti – un’opzione consentita dalla legislazione del paese.
I gruppi anti-aborto in Italia hanno recentemente raddoppiato i loro attacchi contro la procedura, galvanizzati in parte dal successo che simili iniziative a guida repubblicana stanno raccogliendo negli Stati Uniti. Il governo di destra di Giorgia Meloni ha guardato con ammirazione a questi gruppi, promuovendo una legislazione che limiterebbe il diritto all’aborto nel paese.
L’anno scorso, il senatore italiano Maurizio Gasparri del partito Forza Italia di Silvio Berlusconi ha proposto un emendamento al codice civile italiano che riconoscerebbe un feto come essere umano, che classificherebbe l’aborto come omicidio.
Il governo di destra italiano, che ha assunto una posizione forte in difesa della famiglia tradizionale sin dalla campagna elettorale di Meloni ea sostegno della crescente natalità nel Paese, si è già espresso contro la decisione dell’AIFA.
Lavinia Mennuni, senatrice di Fratelli d’Italia, ha invitato l’agenzia a “fare un passo indietro” e concentrarsi invece sulla gravidanza e sul sostegno alla famiglia, aggiungendo che la decisione di rendere disponibile la pillola anticoncezionale dovrebbe spettare al governo.
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