<p><strong>Donne, bambini e minaccia sulle nuove generazioni: la povertà in Europa</strong></p>
<p>Il divario fra ricchi e poveri è pronunciato e la crisi non ha fatto che accentuarlo. Questa settimana vi proponiamo quindi una puntata dedicata al quarto della popolazione europea che oggi è a rischio povertà. Vi mostreremo come le donne siano in Europa una delle categorie più esposte e daremo poi uno sguardo al futuro, prendendo il caso della Bulgaria: di cosa hanno bisogno le nuove generazioni per entrare un giorno nel ciclo produttivo? Come arrivare a questo traguardo? Gireremo la domanda al Segretario generale di Eurochild, che persegue proprio questo obiettivo. </p>
<h3>Un quarto dell’Unione Europea a rischio povertà o esclusione sociale</h3>
<p>122 milioni di persone sono a rischio povertà o esclusione sociale in tutta l’Unione Europea: <a href=”http://ec.europa.eu/eurostat/documents/2995521/7034688/3-16102015-CP-it.pdf/7d2bba5e-ad86-4237-b5cf-08a5407ed801″>un quarto della sua popolazione</a>. Non si tratta però della povertà estrema di altre parti del mondo. </p>
<p><strong>Povertà estrema e povertà relativa: la spiegazione in pillole</strong></p>
<p>Al mondo ci sono circa un miliardo di persone che guadagnano meno di 1,70 eueo al giorno e che spesso mancano di cibo, acqua, alloggio e medicine. Faticano a sopravvivere e sono in una condizione di “povertà estrema”. </p>
<p>Tre ipotetici cittadini che chiameremo Marianne, Luis e Frank guadagnano invece meno di quanto necessario a mantenere gli standard di vita minimi del luogo in cui vivono. La loro è una “povertà relativa”. Marianne guadagna il 60% in meno del cittadino medio del suo paese. Luis non può permettersi copertura sanitaria, carne per i suoi pasti, contributi pensionistici e spese impreviste. Frank ha possibilità molto ridotte di trovare un lavoro. Tutti e tre sono alle prese con disoccupazione e precarietà dell’alloggio e rischiano l’emarginazione sociale. </p>
<p>Per questo la <a href=”http://bit.ly/21AUHXz”>strategia Europa 2020</a> si propone di ridurre di almeno 20 milioni le persone in situazione, o a rischio di povertà ed esclusione sociale. </p>
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<h3>Donne più povere degli uomini. E la crisi ha acuito il problema</h3>
<p>Le persone a rischio e quelle con più difficoltà a trovare lavoro sono aumentate lo scorso anno. In leggera diminuzione quelle in povertà estrema, grazie a un piccolo sostegno del “Fondo di aiuti europei agli indigenti”. Su questo problema ha indagato la giornalista di euronews, Monica Pinna: rispetto agli uomini ci sono 12 milioni di donne in più a rischio povertà. E la crisi le ha portate al limite. </p>
<p><strong>Più di una donna su quattro a rischio povertà o esclusione: la storia di Dominique</strong></p>
<p>Oltre un quarto delle donne, nell’Unione Europea, sono a rischio povertà e o esclusione sociale. È il caso di Dominique Pinault, che vive alle porte di Parigi. Alle spalle anche la direzione di un centro ricreativo, dopo 18 anni ha perso il lavoro. La sua è una storia che ricalca quella di quasi la metà dei disoccupati europei, in buona parte donne. È una vita al limite. </p>
<p>“Per circa quattro anni ho vissuto con 500 euro al mese di sussidi – racconta Dominique -. Ho un tetto, comunque: un monolocale di 16 metri quadrati per cui pago un affitto di 550 euro. I sostegni per l’alloggio ammontano a 300 euro e alla fine quello che mi restava era un euro al giorno”. </p>
<p>A settembre Dominique ha trovato un impiego temporaneo come cuoca a Montreuil, un popoloso comune alle porte di Parigi. Fondata dalla associazione “Aurore”, la <a href=”http://bit.ly/1kweKmE”>Epicerie Solidaire</a> in cui lavora ha aiutato lo scorso anno 390 famiglie in difficoltà, coinvolgendole nelle sue attività e permettendo loro di acquistare prodotti a prezzi scontati. </p>
<p>A dirigerla è Valérie Normand, che con noi fa il punto. “Da quando abbiamo aperto nel 2013 si è rivolto a noi un migliaio di persone, di cui un po’ più della metà donne – racconta -. Nel 20% dei casi si tratta di persone che lavorano e che faticano ad arrivare alla fine del mese”. “Credo che la crisi renda ancora più fragile chi si trova già un po’ ‘al limite’ – prosegue Valérie – e soprattutto che non gli permetta di migliorare la sua situazione”. </p>
<p>Con il suo lavoro a tempo determinato Dominique guadagna 800 euro al mese: circa il 20% al di sotto della soglia di povertà francese. Una condizione, condivisa da più di otto milioni di persone nel Paese: oltre la meta sono donne. Il dato equivale al 14.3% della popolazione femminile francese. In Europa le cifre salgono a un totale di 45 milioni di donne a rischio povertà. </p>
<p><strong>Soglia di povertà e costi sociali: investire per pagare meno</strong></p>
<p>“A livello europeo – dice l’inviata di euronews, Monica Pinna -gli ultimi dati indicano che il 6,7% della popolazione dell’Unione vive al di sotto della cosiddetta ‘soglia di povertà’, che varia da paese a paese. Si va per esempio dai 103 euro al mese della Romania fino ai 1600 euro al mese del Lussemburgo, passando per i 786 al mese dell’Italia”.</p>
<p>La Francia paga questa situazione con elevati costi sociali. Parigi dedica alle categorie a rischio quasi un quarto del suo <span class=”caps”>PIL</span>, ben più della media UE del 19,6%. Reintegrare persone come Dominique abbatte i costi e immette in circolo nuovi contributi. </p>
<h3>“Niente progresso senza vera parità dei sessi”. Parola di esperta</h3>
<p>In prima linea in questa lotta alla povertà c‘è<br />
<a href=”http://www.eurochild.org/about-us/secretariat/”>Jana Hainsworth</a>, Segretario generale di <a href=”http://www.eurochild.org/”>Eurochild</a>: una rete di organizzazioni che lavorano con e per i bambini in tutta Europa. </p>
<p><blockquote class=”twitter-tweet” lang=”en”><p lang=”en” dir=”ltr”>what’s needed NOW to fix a critical poverty prob on <a href=”https://twitter.com/hashtag/realeconomy?src=hash”>#realeconomy</a> <a href=”https://twitter.com/euronews”>@euronews</a> next week <a href=”https://twitter.com/Eurochild_org”>@Eurochild_org</a> <a href=”https://twitter.com/JanaHainsworth”>@JanaHainsworth</a> <a href=”https://t.co/0GyiuDini1″>pic.twitter.com/0GyiuDini1</a></p>— Maithreyi (@maithreyi_s) <a href=”https://twitter.com/maithreyi_s/status/671707639659814912″>December 1, 2015</a></blockquote>
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<p><strong>Maithreyi Seetharaman, euronews</strong><br />
“Parliamo di donne: l’impatto è enorme, se un’intera fetta della società è così vulnerabile. Cosa ne pensa?”. </p>
<p><strong>Jana Hainsworth, Segretario generale di Eurochild</strong><br />
“Oggi in Europa c‘è un forte divario fra i sessi. Non si tratta poi solo di accesso al lavoro e di pronunciate differenze salariali. Ciò di cui abbiamo bisogno è una vera parità di genere, non solo sul mercato del lavoro, ma nel coomplesso della società. Le donne sono svantaggiate perché sul fronte occupazionale la discriminazione è diffusa. È più frequente poi che prendano dei lunghi congedi e che si facciano carico della gestione domestica, e tutto questo ne limita la disponibilità professionale”. </p>
<p><strong>euronews</strong><br />
“Se si guarda alle risorse destinate a questo problema ci si rende conto che ammontano a circa il 20% di tutti i fondi europei. L’impatto non è però così evidente, non trova?”.</p>
<p><strong>Jana Hainsworth</strong><br />
“Credo che molto più dei finanziamenti sia necessario un cambio di mentalità. E questo deve provenire dal basso. Certo l’Unione Europea gioca – e ha giocato – un ruolo molto importante, non solo nell’erogazione di fondi ma anche nell’impulso legislativo. Ciò che stiamo purtroppo constatando ora è che in tempi di austerity e di crisi economica questo slancio è cessato. Se miriamo a una crescita economica duratura, dobbiamo mantenere come prioritaria la ricerca di una parità fra i sessi. In molte delle nostre società vige ancora il falso mito delle donne pigre, che non hanno voglia di lavorare. Molte non sono forse in grado di tenersi un lavoro, perché devono occuparsi dei genitori o dei bambini, e per le difficoltà che comporta accompagnarli a scuola e poi andare al lavoro. Il problema è piuttosto che le nostre società non sono strutturate in maniera tale da garantire un’occupazione permanente”.</p>
<h3>Bambini più poveri degli adulti. Una generazione da salvare</h3>
<p>I bambini che vivono in povertà sono in Europa più degli adulti. Bambini che finiscono per pagare la precarietà professionale dei genitori e i tagli imposti dai governi. L’inviata di euronews Fanny Gauret è andata a scoprire cosa va fatto oggi, perché domani questi bambini contribuiscano alla nostra crescita. </p>
<p><strong>Genitori in difficoltà economica e figli che ne pagano il prezzo: la storia di Simon</strong></p>
<p>Disegnare per dare forma ai suoi sentimenti. A Sofia, in Bulgaria, è così che il tredicenne Simon fa i conti con la situazione che si trova a vivere. “Prima vivevamo tutti nella stessa stanza – ci racconta sforzandosi di vincere la sua timidezza-. Era molto umida, faceva freddo e c’erano tantissimi insetti. Abbiamo fatto bene a traslocare. Adesso sto meglio”. </p>
<p>All’origine del malessere e dell’insicurezza di Simon c‘è anche la precarietà economica dei genitori. Cambiare casa, andare a scuola e imparare a socializzare lo stanno aiutando a progredire. Ad accompagnarlo in questo cammino c‘è <a href=”http://www.sapibg.org/en/”><span class=”caps”>SAPI</span></a>, un’organizzazione che aderisce al network bulgaro <a href=”http://bit.ly/1NvL6a1″>Rete nazionale per i bambini</a>.</p>
<p>A dirigerne le politiche è Dani Koleva. “Il governo dovrebbe aiutare le nostre organizzazioni a fornire prestazioni adeguate a bambini e famiglie in difficoltà – dice -. Perché ciò avvenga, è però necessario che settori come l’istruzione, la sanità e i servizi sociali siano coinvolti e vengano portati a lavorare insieme”. </p>
<p><strong>Oltre la metà dei bambini a rischio povertà: i raggelanti numeri della Bulgaria</strong></p>
<p>In Bulgaria, oltre la metà dei bambini è a rischio povertà o esclusione sociale: quasi il doppio rispetto alla media dell’Unione Europea. </p>
<p><a href=”http://www.eapn.eu/en/who-we-are/who-we-are-members/eapn-bulgaria”>Doumir Minev</a> è docente di Sociologia e presidente della sezione bulgara del network europeo contro la povertà <a href=”http://www.eapn.eu/en/who-we-are/who-we-are-members/eapn-bulgaria”><span class=”caps”>EAPN</span></a>. “Direi che sono due le ragioni principali della povertà infantile – ci spiega -: la prima consiste in possibili disfunzioni nell’ambiente familiare. L’altra dipende invece più in generale dalla società e deriva dalla fragilità delle istituzioni. La cosa più urgente da fare è anzitutto prevenire la povertà dei genitori”. </p>
<p><strong>I bambini in condizione di povertà: una generazione ‘perduta’?</strong></p>
<p>In Europa <a href=”http://bit.ly/1Q4U8kQ”>più di un bambino su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale</a>. In totale sono 26 milioni. L’interrogativo è quindi se possiamo davvero permetterci di ‘perdere’ un’intera generazione.</p>
<p>“L’Europa sta perdendo cittadini che potrebbero contribuire all’economia – risponde Dani Koleva della “Rete nazionale per i bambini” -. Il problema della povertà è che si trasmette da una generazione all’altra. Constatiamo purtroppo che in Europa la situazione sta peggiorando. È necessario intervenire con azioni concrete, progetti e finanziamenti”. </p>
<p>Quasi 25 i miliardi di euro stanziati nell’ambito della strategia Europa 2020 per aiutare associazioni come <span class=”caps”>SAPI</span> e bambini come Simon. </p>
<h3>“Investire oggi per raccogliere domani. Altrimenti a pagare saranno i nostri nipoti e pronipoti”</h3>
<p>Degli impressionanti numeri della povertà infantile torniamo a parlare con Jana Hainsworth, Segretario generale di Eurochild. </p>
<p><strong>Maithreyi Seetharaman, euronews</strong><br />
“In Europa i bambini in condizioni di povertà sono più degli adulti. Cosa ci rivela della nostra società?”. </p>
<p><strong>Jana Hainsworth, Segretario generale di Eurochild</strong><br />
“Nella maggior parte dei casi si tratta di bambini cresciuti in famiglie in cui i genitori non lavorano. In molti altri però i genitori un lavoro ce l’hanno. Nel Regno Unito, ad esempio, il budget destinato ai bambini può arrivare a un terzo di quello familiare. Riuscire a coprire l’alloggio e tutte le altre spese con i due terzi restanti è incredibilmente difficile”. </p>
<p><strong>euronews</strong><br />
“Dovremo attenderci una o più ‘generazioni perdute’, se proseguiamo su questa china?”.</p>
<p><strong>Jana Hainsworth</strong><br />
“Ciò di cui stiamo parlando sono gli investimenti necessari. Investimenti di cui vedremo i frutti tra una ventina d’anni. I politici hanno mandati di cinque anni, ma quanto serve è una visione sul lungo termine. Se non investiamo ora, le ricadute saranno sempre più pesanti: non solo su questa generazione, ma anche su quella dopo e quella dopo ancora”.</p>
<p><strong>euronews</strong><br />
“Come fare, allora?”.</p>
<p><strong>Jana Hainsworth</strong><br />
“Si potrebbe concepire una strategia incentrata sui bambini, ma che passi da un investimento sulla popolazione più anziana. È infatti proprio da quest’ultima che spesso dipendono bambini e famiglie: non solo per un sostegno pratico, ma anche economico. La chiave è guardare alla società nel suo complesso. Le politiche nazionali hanno una loro incidenza, ma molto dipende anche da quanto avviene alla base della piramide”. </p>
<p><strong>euronews</strong><br />
“Quali dovrebbero essere gli obiettivi a breve, medio e lungo termine?”. </p>
<p><strong>Jana Hainsworth</strong><br />
“Se in Europa ci sono 26 milioni di bambini in condizioni di povertà vuol dire che qualcosa non va. Identifichiamo quindi un obiettivo prioritario per ridurre la povertà e guardiamo alla situazione nel suo complesso: non limitiamoci cioè a erogare risorse e sostegni. Facilitiamo anche l’accesso alle prestazioni sanitarie, all’alloggio, all’istruzione, ma anche allo sport e ad attività e spazi che permettano ai bambini di crescere e progredire”.</p>
Image:Getty Images