<p>Per chiunque è difficile conciliare lavoro e vita privata ma, se si hanno dei figli, le cose si complicano, specialmente per le donne. Questa settimana Real Economy è a Malta per dare uno sguardo alle politiche familiari adottate e per capire di cosa hanno bisogno le coppie europee per avere quei bambini di cui la nostra popolazione, che sta invecchiando, ha bisogno. </p>
<h3>Numeri e cifre</h3>
<p><a href=”http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2015/509999/IPOL_STU(2015″>Rispetto al 75% degli uomini che hanno un lavoro, le donne europee che lavorano rappresentano solo il 63,4%</a>)509999_EN.pdf. In Giappone la percentuale è del 67,6%, negli Stati Uniti del 70,6% e in Svizzera 77,4%. La parità di impiego tra i due sessi in Europa potrebbe essere raggiunta soltanto nel 2038. </p>
<p>Il gap tra uomini e donne si allarga quando nascono dei bambini. Più il figlio è piccolo, meno la mamma resta nel mercato del lavoro. In Finlandia si scende al 61,6% a Malta addirittura al 35,4%. </p>
<p>In Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria il gap arriva fino al 30%. In presenza di un figlio invece, la percentuale dei padri che lavora cresce del 18%. </p>
<p>La decisione di tornare al lavoro per molti si traduce in costi per badare ai bambini. Costi che in Europa sono diversi da Paese a Paese. In Irlanda e Regno Unito due bambini, se si lavora full time, possono costare ai genitori il 40% del salario medio. </p>
<p>Ma in Austria, Svezia, Estonia, Portogallo o anche Spagna il costo rappresenta solo il 5%. Più della metà delle mamme europee però sostengono che la loro decisione di tornare al lavoro con un part time o non tornarci affatto è dovuto ai costi dell’assistenza ai bimbi. </p>
<p>Per legge, l’Europa garantisce almeno 14 settimane di congedo per le neo mamme. La media del congedo per maternità (in cui si percepisce il 100% dello stipendio) è di 17,5 settimane. <br />
Alcuni Paesi sono più generosi, come la Bulgaria dove le mamme possono restare in maternità fino a 58,6 settimane guadagnando il 90% del salario abituale. </p>
<p>In Francia invece il congedo cambia a seconda del numero dei figli: sedici settimane di maternità per il primo, ventisei per il terzo. In caso di parto gemellare si ha diritto a 34 settimane. Se il parto è trigemellare, le settimane di congedo salgono a 46. </p>
<p>Al congedo maternità di aggiunge quello parentale, che può essere suddiviso tra i genitori. Anche qui le modalità variano: si va dai quattro mesi (nella maggioranza del Paesi europei) fino ai 36 mesi di Spagna e Francia.</p>
<p>Il congedo per paternità è poco di moda: solo il 10% dei neo papà sceglie di utilizzarlo. <br />
In Italia i padri hanno diritto a un solo giorno di paternità, con il 100% dello stipendio, più altri due sottratti dal congedo della mamma. <br />
Quelli maltesi hanno diritto a due giorni, mentre i padri sloveni possono usufruire di 90 giorni con uno stipendio pari al 90% del totale. </p>
<p>Ma in altri Paesi, come la Germania, i padri non hanno alcun diritto al congedo.</p>
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<h3>Malta: una mamma, un papà e tre bambini</h3>
<p>La maratona di una giornata lavorativa inizia presto per questa famiglia maltese, con tre bambini piccoli. Nel Paese più piccolo d’Europa mentre 4 uomini su 5 lavorano, solo una donna su due ha un impiego. Come Mairi. Nel 2014, Malta ha introdotto l’assistenza all’infanzia gratuita per i genitori che lavorano o studiano, consentendo alle famiglie un risparmio di circa diecimila euro su tre anni. </p>
<p>“Ci sono molti vantaggi – spiega Bernard Vella, architetto e papà dei tre piccoli – Per esempio per le mamme è più facile dire ‘vorrei tornare al lavoro’, se è quello che vogliono. È più facile farlo perché finanziariamente è sostenibile”. </p>
<p>Le proiezioni mostrano un aumento del 7% circa rispetto al 2013 delle mamme che ritornano al lavoro nove mesi dopo la maternità. </p>
<p>“Mi ha permesso – garantisce Mairi Vella- di continuare a lavorare, e sono tornata al lavoro, dopo il mio secondo figlio, dopo 4 mesi e dopo aver avuto l’ultima bambina dopo sei mesi. Posso lavorare molte più ore e se non lo faccio è per scelta personale. Il mio primo figlio è nato in Australia nel 2011. L’assistenza ai bambini era piena e inizialmente abbiamo dovuto prendere una babysitter. Ci costava 250 dollari australiani al giorno. Per cui abbiamo deciso che sarebbe stato meglio tornare a Malta”. </p>
<p>In Europa le differenze tra congedo parentale e indennità sono enormi. A Malta, per esempio, nel settore privato la maternità è di 18 mesi con lo stipendio assicurato per i primi 14. Il congedo parentale invece è di 4 mesi. Quattro mesi a stipendio zero. </p>
<p>“Crediamo che questo tema – spiega Joseph Farrugia, presidente dell’Associazione degli imprenditori maltesi – possa essere affrontato meglio caso per caso, piuttosto che avere misure legislative che potrebbero essere impossibili da applicare. Si cercerebbe di stabilire un comune denominatore che sarebbe applicabile a tutti i Paesi con mercati del lavoro diversi senza avere effeti negativi. Questa è la prima sfida dell’armonizzazione”. </p>
<p>Per i cinquecentomila maltesi le donne sono ancora considerate come il principale responsabile della famiglia.</p>
<p>“Penso che i padri debbano essere meglio supportati – aggiunge Mairi Vella – Deve essere data loro la stessa opportunità che hanno le madri. A volte sono le madri che contribuiscono maggiormente al bilancio familiare. Ho lavorato duramente per la mia carriera, ho studiato a lungo e non voglio rinunciarci. E per lo meno adesso non è più impossibile. </p>
<p>Il sistema di assistenza all’infanzia gratuito ha portato a un incremento dell’11% delle ore di avoro delle madri, cioè 2 milioni di euro all’economia maltese.</p>
<h3>Edward Scicluna, ministro delle Finanze di Malta</h3>
<p><em>Maithreyi Seetharaman:</em></p>
<p>Per capire il sistema per l’assistenza all’infanzia di Malta abbiamo con noi il ministro delle Finanze, il professor Edward Scicluna. Lo schema e la struttura di questo sistema che impatto hanno avuto finora sull’economia e l’impiego? </p>
<p><em>Edward Scicluna:</em></p>
<p>L’impatto è stato quello atteso, o forse maggiore. Abbiamo avuto un’adesione femminile molto alta. Ma occorre vedere l’antefatto. Avevamo una bassa presenya di donne e le scuse erano svariate…religiose, culturali e via discorrendo. Ma la verità sono gli ostacoli economici. A un genitore o a una madre costava più di quel che guadagnava mandare un figlio in un centro di assistenza. Per cui non era interessante. </p>
<p><em>Maithreyi Seetharaman:</em></p>
<p>Perché non immaginare un più ampio congedo di maternità e paternità? Quali sarebbero i risultati?</p>
<p><em>Edward Scicluna:</em></p>
<p>Anche il congedo per maternità è stato preso in considerazione. Abbiamo pensato di estenderlo per altre 4 settimane ed ha avuto un effetto positivo. Ci sono state altre riforme importanti, come gli aiuti familiari, soprattutto alle famiglie con basso reddito. Abbiamo raggiunto un accordo che prevede di avere uno stipendio, ma allo stesso tempo mantenere una parte dei benefici. Due terzi per il primo anno, il 45% nel secondo e il 25%…questo ha consentito di diminuire il numero di disoccupati a lungo termine e, nel contesto di Malta ‘migliaia’ sono numeri significativi.</p>
<p><em>Maithreyi Seetharaman:</em></p>
<p>Qual è stata la vostra esperienza con sindacati e imprenditori, quando si parla del ritorno al lavoro delle mamme? Come si riesce a farli sedere allo stesso tavolo?</p>
<p><em>Edward Scicluna:</em></p>
<p>Quando sono a un tavolo, vedono il quadro generale e capiscono che è nell’interesse di tutti, allora l’accordo si trova. Ma occorre consultarli. Non si può non tenerli in conto e attendere una loro reazione.</p>
<p><em>Maithreyi Seetharaman:</em></p>
<p>Con la sua esperienza, quali sono gli strumenti giusti da dare ai giovani genitori per far tornare al lavoro le mamme dopo la maternità? </p>
<p><em>Edward Scicluna:</em></p>
<p>Alcuni Paesi sono più avanzati in termini di partecipazione, mentre altri lo sono di meno – lo stesso vale per il congedo di maternità.- Quindi, temo che tutto dipenda dal loro tipo di sviluppo. C‘è grossa parte di paesi che potrebbero incrementare il ritorno al lavoro attraverso mezzi sociali.<br />
Ad esempio diminuendo l’imposta sul reddito – perché l’imposta sul reddito è una tassa sul lavoro che si trasferisce poco a poco sui consumi. Una parte del pacchetto era rivolto alle persone con reddito medio ma che hanno un grosso carico di imposta sul reddito. Allentare la pressione fiscale li aiuta perché hai fatto un lavoro proficuo. Sono provvedimenti semplici, ma molto efficaci.</p>
Image:Getty Images