<p>Questa settimana Real Economy parla di “economia sommersa”.</p>
<p>Secondo uno studio europeo regimi fiscali punitivi, regolamentazione del mercato del lavoro sempre più stringente e mancanza di fiducia nei governi spingono molti europei a lasciare posti di lavoro “legali”.</p>
<p>Prende piede in questo modo il “lavoro sommerso” ovvero una qualsiasi attività retribuita, lecita di per sé, ma non dichiarata alle autorità pubbliche, con la conseguente mancanza di tutele per i lavoratori. Di conseguenza il lavoro in nero non può che pesare sul finanziamento dei servizi pubblici e della protezione sociale. </p>
<p>In questa puntata cercheremo di capire perché alcuni cittadini e imprese cercano di evadere e quanto l’economia sommersa incida sulla crescita. Lo faremo con un reportage dalla Danimarca e con il Professor Friedrich Schneider dell’Università Johannes Kepler a Linz in Austria.</p>
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<h3>Corso accelerato</h3>
<p>Ivan è un produttore di scarpe, ha un bambino ed è amico di Juliet, la sua baby-sitter.</p>
<p>Ivan ogni tanto paga Juliet regalandole delle scarpe.</p>
<p>Capita che ai clienti chieda, ogni tanto, solo contanti per evitare di fare scontrini e non dichiarare così al fisco tutto quello che guadagna. </p>
<p>Anche i datori di lavoro di Juliet la pagano “cash”. Con molti contro e pochi pro: niente busta paga, stipendio basso, niente contributi pagati. Certo la ragazza, guadagnando in nero, non deve dichiarare nulla. </p>
<p>Ivan e Juliet sono due casi di economia sommersa. Rischiamo molto e allo stesso tempo non pagano le tasse necessarie per quei servizi pubblici che potrebbero essere loro utili. </p>
<p>Senza contare che compromettono anche il futuro dei loro figli. </p>
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<h3>Il sommerso in Europa, e il caso “Danimarca”</h3>
<p>Punto fondamentale e molto interessante è vedere in quali stati il sommerso è più diffuso: il primato va ai paesi del Sud Europa, seguiti da quelli dell’Europa centrale, orientale e occidentale, infine troviamo i paesi nordici dove le tasse sono altissime e la voglia di sommerso è in aumento. </p>
<p>In Danimarca circa la metà della popolazione acquista lavoro nero specie in alcuni settori, come le costruzioni. Il nostro inviato Guillaume Desjardin è andato a Copenhagen per capire l’entità del fenomeno e l’impatto sull’economia reale.</p>
<p>Camminando per le strade della capitale danese le persone che si incrociano sembrano avere un piccolo segreto. Molti di loro hanno un lavoro diurno, ma guadagnano magari un pò di più con lavoretti extra. </p>
<p>Se si guarda alla percentuale di persone che hanno acquisito beni o servizi non dichiarati, la Danimarca è al quarto posto dietro la Grecia, l’Olanda e Lettonia. La stima delle entrate fiscali perdute in Danimarca con l’acquisizione di beni e i servizi in nero va da 1,5 a 3 miliardi di euro. In tutta Europa è di circa 454. 000 miliardi di euro. Gli alti livelli di spesa pubblica e di pressione fiscale hanno spinto sia gli individui sia le imprese a creare posti di lavoro illegali. Una sorta di circolo vizioso molto pericoloso. </p>
<p>“Colpisce chi si trova in una posizione molto vulnerabile. Chi non ha diritto ai sussidi di disoccupazione, a meno che non abbia pagato un’assicurazione, niente ferie pagate, maternità. Molte persone non sono più parte integrante della società ma si trovano ai margini”, sottolinea Gunde Odgaard, della Federation of Building Construction and Wood Workers’ Union. </p>
<h3>Come battere il sommerso: la ricetta del Professor Friedrich Schneider</h3>
<p>La lotta al sommerso tuttavia va estesa tramite la condivisione di informazioni fiscali tra i cittadini, un argomento delicato ma importante per gli stati membri europei. La sfida è solo all’inizio e ci vorrà del tempo prima che l’Europa possa risolvere davvero il problema. </p>
<p>euronews: “Siamo con il Professor Friedrich Schneider. Cosa ne pensa della Piattaforma europa per combattere l’economia sommersa?”</p>
<p>Friedrich Schneider: “Ogni paese ha modi e mezzi diversi per ridurre il sommerso- sia con multe e sanzioni pesanti, sia con incentivi mirati. Varia da Paese a Paese, è impossibile parlare di una politica comune per ridurre l’economia sommersa in Europa. Se lavoriamo insieme e poi ti pago 50 € per il tuo contributo è lavoro sommerso? In alcuni paesi si in altri è un gesto di amicizia. Come nei paesi scandinavi. Un sistema diverso rispetto a Spagna, Italia, Grecia o Austria. Nel caso di un furto con scasso alla porta si chiama immediatamente la polizia. Nel caso di un furto con scasso alla porta si chiama immediatamente la polizia. Mentre se vedi che qualche tuo vicino chiama un imbiamchino la domenica o il sabato non chiami la polizia per denunciare che si tratta di un lavoratore in nero”.</p>
<p>euronews: “Come si calcola l’economia sommersa?”</p>
<p>FS: “Si domanda alle persone – a volte si esagera altre volte di minimizza – ma alla fine si ottiene una conoscenza dettagliata delle dimensioni del sommerso in un paese. Un atro metodo è analizzare il motivo per cui le persone lavorano in nero e fare delle comparazioni con l’uso del contante.”</p>
<p>L’anno scorso in Gran Bretagna, il sommerso rappresentava il 9 per cento del prodotto interno lordo. Qualora si decidesse di sotrarre da questo il valore del materiale legalmente acquistato, la perdita rappresenterebbe circa il 6 per cento del <span class=”caps”>PIL</span>. 6 per cento in più sarebbe molto per il Regno Unito.”</p>
<blockquote class=”twitter-tweet” lang=”fr”><p lang=”en” dir=”ltr”>EU Shadow Economy: why & can it be resolved w/ Friedrich Schneider Johannes Kepler University <a href=”https://twitter.com/hashtag/realeconomy?src=hash”>#realeconomy</a> <a href=”https://twitter.com/euronews”><code>euronews</a> <a href=”https://t.co/R5BkrCEXj6″>pic.twitter.com/R5BkrCEXj6</a></p>— Maithreyi (</code>maithreyi_s) <a href=”https://twitter.com/maithreyi_s/status/667318243690856449″>19 Novembre 2015</a></blockquote>
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<p>euronews: “Molti lavori resisterebbero se non ci fosse il nero?”</p>
<p>F.S: “No, ovviamente no! Prendiamo ad esempio i servizi di pulizia: costerebbero almeno in Austria il doppio di quello che si pagano ora. Con un tasso di salario medio tra 8, 10, o 12 euro. Ufficialmente costerebbero tra i 16-20 euro. La gente direbbe: se devo pagare così tanto, allora pulisco io. Questo è quanto.”</p>
<p>euronews: “L’economia sommersa esiste da secoli, c‘è un modo per risolvere il problema o per tenerlo almeno sotto controllo?”</p>
<p>F.S: “Se ci fossero forti incentivi dallo Stato e detrazioni fiscali, allora una parte delle attività economiche sommerse non esisterebbe più, niente piu’ lavoro in nero per la perdita fiscale- Le multe e le sanzioni funzionano ma fino a un certo punto, e non sempre sono molto efficaci. Dobbiamo renderci conto che avremo sempre un’economia sommersa in Europa pur con dimensioni diverse, ma se potessimo ridurla da un terzo avremmo già risolto molti dei nostri problemi in perdite fiscali.”</p>
<p><strong>Link utili</strong></p>
<p><a href=”http://europa.eu/index_it.htm”>Sito ufficiale dell’Unione europea</a></p>
<p><a href=”https://www.eurofound.europa.eu/it”>Eurofound</a></p>
<p><a href=”http://www.fiec.eu/en/cust/documentview.aspx?UID=024b937c-be2b-409e-9003-1cfaa37070e2″>3F trade Union</a> </p>
<p><a href=”http://www.consilium.europa.eu/en/policies/labour-mobility/platform-against-undeclared-work/”>European Council</a> </p>
<p><a href=”http://www.econ.jku.at/members/Schneider/files/publications/2015/ShadEcEurope31.pdf”>Schneider</a></p>
Image:Getty Images