Intelligenza Artificiale 2025: Il Futuro di Internet è Qui

Intelligenza Artificiale 2025: Il Futuro di Internet è Qui

L’ascesa dello “slop AI”: quando l’intelligenza artificiale invade la rete

Nel 2025, l’allarmante fenomeno dello “slop dell’intelligenza artificiale” ha segnato una nuova, inquietante frontiera nel mondo digitale, contaminando motori di ricerca, piattaforme di e-commerce e persino i canali di comunicazione ufficiali della Casa Bianca. Con questo termine si indica una vasta produzione di contenuti generati dall’intelligenza artificiale di bassa qualità, spesso privi di senso e non richiesti, che da qualche anno stanno saturando la rete. I dati più recenti mostrano un’impennata senza precedenti di questa tendenza, destinata a non arrestarsi nel prossimo futuro.

Secondo un’analisi condotta da Meltwater, società specializzata in media online e consumer intelligence, le citazioni online di “AI slop” sono cresciute nel 2025 di oltre nove volte rispetto all’anno precedente, con un sentiment negativo attestato al 54% solo nel mese di ottobre. Parallelamente, la società di ottimizzazione SEO Graphite conferma che oggi oltre la metà dei contenuti in lingua inglese sul web è generata dall’intelligenza artificiale. Non sorprende quindi che l’AI sia stata incoronata Parola dell’Anno 2025 dai prestigiosi dizionari Merriam-Webster e il Dizionario Nazionale Australiano.

Nel bilancio di quest’anno e in vista del 2026, è opportuno riflettere su come l’intelligenza artificiale abbia trasformato alcuni degli spazi digitali più frequentati del pianeta.

Sfide e limiti dello sviluppo tecnologico: le “soluzioni alla ricerca di un problema”

Uno dei paradossi più evidenti nell’adozione massiccia dell’intelligenza artificiale riguarda l’entusiasmo con cui molte aziende tecnologiche hanno integrato funzioni AI nei loro prodotti, spesso senza una reale analisi del bisogno concreto da soddisfare. Kate Moran, vicepresidente della ricerca presso il Nielsen Norman Group, osserva come il design di molti prodotti oggi sia guidato più dalla volontà di inserire una tecnologia innovativa che dalla ricerca di risposte efficaci a problemi reali.

“Nel campo del design c’è una pressione fortissima a dimostrare agli azionisti che il prodotto ‘ha l’AI incorporata’”, spiega Moran. “Si parte dalla soluzione e si cerca a ritroso il problema, un approccio che va contro i principi fondamentali della progettazione centrata sull’utente.”

Un esempio emblematico arriva da Meta, che l’anno scorso ha tentato di sostituire la tradizionale barra di ricerca di Instagram con una interfaccia basata su chatbot AI. L’esperimento ha incontrato critiche tali da indurre la compagnia a un rapido dietrofront, riconoscendo implicitamente che l’innovazione fine a sé stessa può generare più frustrazione che valore per l’utente. Anche nel mondo reale, l’arrivo di dispositivi consumer come l’Humane AI Pin ha suscitato forti dubbi persino da dirigenti di settore quali Hanneke Faber, CEO di Logitech, che ne ha definito l’offerta “una soluzione che cerca un problema che non esiste”.

Meta e il valore incerto dell’intelligenza artificiale generativa

Nel panorama delle grandi aziende tecnologiche, Meta si è distinta quest’anno per un’accelerazione nella sperimentazione e promozione di contenuti generati dall’intelligenza artificiale. In particolare, il lancio della piattaforma “Vibes” in Europa, concepita come uno spazio per creare, condividere e remixare video brevi prodotti dall’AI, ha rappresentato un tentativo ambizioso di capitalizzare questo trend.

Tuttavia, i numeri parlano chiaro: secondo dati interni di Business Insider, “Vibes” ha riscosso un successo limitato, con appena 23.000 utenti attivi giornalieri nel complesso, concentrati principalmente in Francia, Italia e Spagna. Questo scarto tra investimenti e attenzione del pubblico riflette un problema più ampio di saturazione e scetticismo verso la qualità e l’utilità reale dei contenuti AI.

L’approccio di Meta è ancor più discusso se si considera che solo all’inizio del 2025 il gruppo aveva enfatizzato l’importanza di “narrazioni autentiche” e critiche verso i contenuti non originali, invitando i creatori a differenziarsi da video di basso valore.

Verso un’intelligenza artificiale più sobria e funzionale

Al di là dello scalpore mediatico e delle sperimentazioni vistose, emerge con forza l’idea che l’intelligenza artificiale non debba necessariamente essere sinonimo di eccesso o estraneità all’esperienza quotidiana degli utenti. Kate Moran sottolinea come gli strumenti AI più “noiosi”, quelli integrati in modo discreto per migliorare funzioni pratiche, siano in realtà i più apprezzati.

Un esempio calzante è dato dal riepilogo automatico delle recensioni su Amazon, che consente agli utenti di ottenere rapidamente una panoramica qualitativa di un prodotto senza dover scorrere centinaia di commenti. Questa applicazione, semplice ma efficace, non richiede interazioni complicate e arricchisce l’esperienza d’acquisto in modo naturale.

Un’analisi di Daniel Mügge, ricercatore presso l’Università di Amsterdam, evidenzia inoltre come la corsa frenetica delle grandi aziende a superarsi nel campo dell’intelligenza artificiale generativa rischi di distogliere risorse e attenzioni da investimenti più mirati e socialmente rilevanti, come quelli dedicati all’innovazione nel settore della robotica o della produzione industriale.

Mügge auspica una crescita delle aziende di nicchia, specializzate in prodotti AI utili e meno appariscenti, che potrebbero tracciare una strada alternativa per l’Europa, dove l’attenzione alla qualità e all’impatto sociale potrebbe prevalere sull’ansia competitiva.

Conclusioni

Il 2025 si è rivelato un anno decisivo per l’intelligenza artificiale: da una parte la sua diffusione capillare e talvolta caotica, dall’altra la presa di coscienza della necessità di un approccio più consapevole e centrato sull’utente. Lo “slop AI”, ovvero la produzione massiccia di contenuti artificiali di basso valore, ha acceso un dibattito importante sul ruolo e sui limiti delle tecnologie emergenti.

Guardando al futuro, sembra profilarsi una fase di maggiore maturità, in cui l’innovazione sarà guidata non solo dalla forza della novità, ma soprattutto dall’efficacia delle soluzioni proposte e dal reale miglioramento dell’esperienza digitale. Come sottolineano esperti e ricercatori, è nel design intenzionale e nelle applicazioni più umili, ma opportune, che risiede il potenziale più promettente per un’intelligenza artificiale che lavori a favore dell’utente e della società.