Dopo anni di ritardi in cui il premier israeliano ha fatto di tutto per impedire che il documentario di Alexis Bloom e Alex Gibney venisse diffuso, il grande pubblico potrà sapere cosa c’è dietro le accuse che hanno messo Benjamin Netanyahu sotto processo
Questo è il film che Benjamin Netanyahu non vuole farci vedere.
Il Primo ministro israeliano ha fatto di tutto per bloccare la proiezione del documentario The Bibi Files. Fortunatamente, un tribunale di Gerusalemme ha respinto la causa di Netanyahu, che sosteneva che il film violasse la legge israeliana facendo uso di filmati di interrogatori non approvati.
Il film è stato proiettato al Toronto international film festival quando era ancora un work-in-progress ed è stato ufficialmente presentato in anteprima mondiale al Doc NYC lo scorso novembre.
Ora, il documentario diretto da Alexis Bloom e prodotto dal premio Oscar Alex Gibney è entrato nella rosa dei candidati alla statuetta più ambita per il miglior documentario. Nella corsa all’Oscar si aggiunge a molti altri titoli come la produzione norvegese-palestinese No Other Land, sulla violenza dei coloni e l’espulsione dei palestinesi dai loro villaggi in Cisgiordania, e il film antologico From Ground Zero, sulla situazione a Gaza dopo il 7 ottobre.
The Bibi Files, tuttavia, è stato vietato alla visione in Israele e, fino a quando la piattaforma Jolt non l’ha aggiunto al suo catalogo, la distribuzione del film era in crisi, senza che nessuna piattaforma di streaming osasse dargli spazio.
E per una buona ragione: il documentario consiste in una denuncia giornalistica urgente e scandalosa che, in un mondo ideale, dovrebbe far cadere il primo ministro israeliano, il più longevo di sempre.
The Bibi Files contiene video mai visti di Netanyahu interrogato dalla polizia sulle accuse di corruzione che hanno portato alla sua incriminazione nel 2019. La polizia israeliana ha registrato migliaia di ore di interrogatorio tra il 2016 e il 2018, che sono poi arrivate a Gibney nel 2023 tramite l’app di messaggistica Signal.
Conosciuto per i suoi documentari acuti e spesso accusatori, il regista veterano dietro a gemme come Mea Maxima Culpa: Silenzio nella casa di Dio, Taxi to the Dark Side e Going Clear: Scientology e la prigione della fede, ha intuito che si trattava di qualcosa di grosso. Ha arruolato il candidato all’Emmy Alexis Bloom (Catching Fire: The Story of Anita Pallenberg) per la regia, mentre lui si è occupato della produzione.
Il documentario che ne è venuto fuori è una cronaca intensa che fa luce non solo sul personaggio di Netanyahu, ma mostra come la sua natura senza scrupoli abbia direttamente plasmato lo stato attuale del Medio Oriente. Bloom mette insieme i pezzi del puzzle in modo esaustivo e agghiacciante e mostrando come oggetti di lusso quali sigari e champagne abbiano avuto un impatto sulla vita di innumerevoli famiglie gazawi e israeliane. Sebbene siano considerati banalità e manie dei ricchi, The Bibi Files stabilisce una linea diretta tra questi oggetti e le tragedie dei giorni nostri, e come la corruzione e la presunzione di un uomo possano innescare un effetto domino che porta a crimini di guerra.
Ma non si tratta solo di un uomo e del suo sinistro sorriso. Questo scioccante documentario utilizza i filmati trapelati degli interrogatori della polizia della moglie di Netanyahu, Sara, e del figlio di ultradestra, Yair, oltre a filmati d’archivio e a diverse interviste con voci importanti in Israele (giornalisti, politici, tra cui l’ex Primo Ministro Ehud Olmert), per dipingere il quadro di un uomo così ipocrita che farebbe di tutto per mantenere la sua mano sul potere. Non importa chi debba accusare. O chi debba morire perchè ciò avvenga.
Il ruolo di Sara Netanyahu è una parte particolarmente interessante di The Bibi Files. Descritta come incontentabile e irascibile da molti intervistati, esige regali costosi ed è centrale nel processo del marito. Attraverso il ritratto di Bloom, vediamo una Lady Macbeth sboccata che esercita una straordinaria influenza sul marito. Molti dei suoi sfoghi nella stanza dell’interrogatorio (“Le vostre prove sono delle vere e proprie stronzate. Ciao!”) sono in perfetta continuità con l’atteggiamento sprezzante che il marito mostra quando viene sentito dalla polizia, in cui insiste dicendo che tutto ciò che fa è per il bene di Israele.
Se questi due personaggi, pieni di ego, fossero stati di fantasia, The Bibi Files sarebbe stato liquidato come un cartone animato. Tuttavia, guardare questo documentario significa osservare fino a che punto la malvagità prospera quando coloro che pensano di essere al di sopra della legge non vengono controllati.
Oltre a Sara e al figlio del Primo Ministro, Yair, che fa sembrare suo padre un progressista, un altro personaggio chiave è il miliardario israeliano di Hollywood, Arnon Milchan, ex spia e produttore premio Oscar di film come 12 anni schiavo, Heat e Fight Club. Veniamo a conoscenza dei legami di Milchan con le richieste di Netanyahu di oggetti di lusso direttamente da Milchan. Quando viene ulteriormente interrogato dalla polizia, confessa le donazioni stravaganti, concludendo con: “Tutti gli amici di Bibi sono ricchi. Cosa posso dire? Se si viene a sapere sono morto”.
Tutti questi fili si uniscono coerentemente per rivelare una rete di corruzione che va oltre l’acquisto di regali costosi, così da dare forma all’argomento centrale di The Bibi Files.
Per comprendere appieno gli eventi attuali, bisogna guardare alla situazione legale di Netanyahu e riconoscere che sia Bibi che Sara “sanno come ‘rubare’ le cose che non possono avere”. Questo porta alla tattica attuale del premier di fare dell’instabilità e della guerra le condizioni principali per la sua sopravvivenza politica. Questo a sua volta porta a capire che Netanyahu sta deliberatamente prolungando la guerra a Gaza per evitare l’incarcerazione per corruzione.
“Una guerra perenne è vantaggiosa per Netanyahu”, ci viene detto, e le prove di questa strumentalizzazione del conflitto sono forti.
Il che porta al 7 ottobre, descritto come “un altro strumento per rimanere al potere”.
Avendo stabilito correlazioni dirette tra il processo per corruzione di Netanyahu e la radicalizzazione delle sue politiche, Bloom conclude in modo perspicace l’ultimo atto di The Bibi Files con gli attacchi di Hamas.
Il filmato è sconvolgente, così come le prove presentate che mostrano Netanyahu responsabile della sopravvivenza di Hamas. Molti degli esperti intervistati da Bloom sostengono in modo convincente che Netanyahu ha fatto in modo che Hamas ricevesse denaro attraverso il Qatar per mantenere l’instabilità. Come dice Netanyahu in uno dei nastri dell’intervista trapelati: “Tieni i tuoi amici vicini e i tuoi nemici più vicini”.
Il fatto che illustri il suo gioco di potere citando Il Padrino dovrebbe dirvi tutto quello che c’è da sapere su quest’uomo, il cui stratagemma di sostenere gli estremisti e indebolire i moderati gli si è pesantemente ritorto contro.
“Non ha creato Hamas, ma l’ha alimentato”, dice un intervistato.
Questa parte finale di The Bibi Files è la più straziante, ma si conclude anche con una sorprendente nota di speranza.
In una toccante testimonianza, Gili Schwartz, una giovane donna sopravvissuta all’attacco al Kibbutz Be’eri, fornisce una chiara giustificazione per l’indignazione nei confronti di Netanyahu. Sostiene che finché la guerra continuerà, il premier potrà evitare di essere rovesciato o imprigionato. Rivela inoltre che le famiglie degli ostaggi sono nervose all’idea di parlare contro di lui perché “potrebbe non aiutarli”.
Tuttavia, Schwartz chiede con eloquenza e compassione che tutti i fatti vengano a galla ed esprime come la riconciliazione sia possibile. In questo momento, diventa l’anti-Yair, la forza opposta al figlio del premier, impenitente e odioso, che assicura la continuazione dell’eredità di Netanyahu.
Sono le parole di Schwartz a risuonare più forti. Non quelle di Yair.
È probabile che The Bibi Files non spodesti i Netanyahu dal potere. Tuttavia, ciò che Bloom riesce a fare in poco meno di due ore è sbalorditivo.
La cosa più impressionante è che il suo documentario brilla come una presentazione approfondita e sempre fattuale che evita di cadere nella polemica. In nessun momento diventa un’apologia di Hamas o condona qualsiasi forma di violenza: è semplicemente la verità sbattuta in faccia al potere, andando oltre le argomentazioni infantili e francamente ottuse che equiparano qualsiasi critica al leader di Israele all’antisemitismo e al sentimento anti-israeliano. Netanyahu è un politico come un altro, che non ha bisogno di aiuto esterno per firmare il proprio spregevole ritratto quando termina un’intervista con l’osservazione disinvolta: “Il tempo vola quando ci si diverte”.
È in questi piccoli momenti che lo spettatore sa chi ha di fronte, indipendentemente dalle alleanze o dalle convinzioni politiche: un uomo scontroso, privo di empatia, che vede il suo presunto servizio al Paese come un modo per servire i propri interessi. Da questo punto di vista, è indistinguibile da qualsiasi venditore di fumo.
Il fatto che The Bibi Files sia riuscito a vedere la luce del giorno va celebrato, soprattutto se si tiene conto del fatto che negli Stati Uniti le piattaforme streaming non sono interessate ai contenuti politici. Si sottraggono ad essi e a tutte le critiche che possono attirare. A questo proposito, complimenti a Jolt e ai distributori europei come September Film (Belgio, Paesi Bassi), Dulaf Distribution (Francia) e Dogwoof (Regno Unito) per averlo messo in catalogo.
E complimenti ai votanti dell’Academy se il film entrerà nella cinquina finale. Se The Bibi Files dovesse andare agli Oscar a marzo, ci sono ottime possibilità che vinca il trofeo di miglior documentario. Che ci riesca o meno è comunque irrilevante, perché rimane una visione imprescindibile, che merita un premio tutto suo.
Le nomination agli Oscar sono state rinviate al 19 gennaio a causa degli incendi in California. La cerimonia di premiazione si terrà il 3 marzo.
Image:Getty Images