Parchi nazionali USA: tariffe “America first” per turisti stranieri

Parchi nazionali USA: tariffe “America first” per turisti stranieri

Nuova tassa per i turisti stranieri nei parchi nazionali degli Stati Uniti: opportunità o ostacolo al turismo?

Di Matteo Brown e Matteo Daly, con AP
Pubblicato il 27 novembre 2025, ore 12:58


Un nuovo balzello per i visitatori internazionali negli iconici parchi nazionali americani

A partire dal 1° gennaio 2026, un’imposta di 100 dollari a persona (circa 86 euro) sarà applicata ai turisti stranieri che entrano in alcuni dei più famosi parchi nazionali degli Stati Uniti, quali Yellowstone, Grand Canyon, Yosemite e molti altri. L’annuncio è stato reso noto dal Segretario al Dipartimento degli Interni, Doug Burgum, e introduce anche un significativo aumento del prezzo dell’abbonamento annuale: per i visitatori internazionali il costo salirà a 250 dollari (216 euro) per veicolo, rispetto agli 80 dollari (69 euro) attualmente pagati dai residenti americani.

Questa nuova politica si inserisce nel solco di una tendenza globale che vede molti paesi imporre tariffe più elevate ai turisti stranieri per visitare le attrazioni naturali e culturali più preziose. L’obiettivo dichiarato è quello di reperire fondi per la manutenzione e la conservazione dei parchi, spesso in condizioni critiche a causa del crescente afflusso di visitatori e della mancanza di risorse.


Impatto sul turismo: preoccupazioni di imprenditori ed esperti del settore

La reazione tra gli operatori turistici è contrastata. Al Whistling Swan Motel, a breve distanza dal Glacier National Park nel Montana, il titolare Mark Howser evidenzia come circa il 15% della sua clientela sia costituita da viaggiatori stranieri provenienti da Paesi come Canada, Cina, India, Spagna, Francia e Germania. “Questi visitatori pagano già fino a 35 dollari per veicolo per accedere al parco — spiega Howser —. Una tassa aggiuntiva così elevata rischia di scoraggiare le persone dal visitare questa meraviglia naturale.”

La preoccupazione riguarda non solo il calo delle presenze, ma anche il conseguente danno economico per le imprese locali che si basano proprio sul turismo internazionale. Bryan Batchelder, tour operator di Yellowstone per Let’s Go Adventure Tours, sottolinea che circa il 30% dei suoi clienti è straniero e che i numeri potrebbero risentire della misura: “La prossima estate sarà il banco di prova: i turisti internazionali verranno ancora negli Stati Uniti? E sceglieranno di visitare i parchi nazionali?”

Oltre ai già citati, la nuova tariffa interesserà anche parchi celebri come Acadia, Bryce Canyon, Everglades, Grand Teton, Rocky Mountain, Sequoia, Kings Canyon e Zion, ampliando significativamente la portata della misura.


Una strategia “America-first” per sostenere i parchi e tutelare i cittadini

Dal canto loro, le autorità difendono la riforma tariffaria come un passo necessario per garantire quegli investimenti fondamentali al mantenimento del patrimonio naturale statunitense. Brian Yablonski, del Property and Environment Research Center di Bozeman, Montana, stima che solo Yellowstone potrebbe incassare fino a 55 milioni di dollari l’anno, risorse cruciali per riparare sentieri, ponti e infrastrutture logorate dal tempo e dall’utilizzo intenso.

Secondo le analisi, l’aumento dei prezzi dovrebbe influenzare in modo minimo la quantità dei visitatori stranieri, con una riduzione prevista di circa l’1%. Se questa politica venisse estesa all’intera rete nazionale di parchi, potrebbe generare oltre un miliardo di dollari ogni anno da circa 14 milioni di turisti internazionali.

Melissa Weddell, direttrice dell’Istituto per il turismo e la ricerca ricreativa dell’Università del Montana, sottolinea come il meccanismo del sovrapprezzo ai visitatori esteri non sia una novità: “Paesi come l’Ecuador, con le Isole Galapagos, applicano già tariffe molto più alte ai turisti stranieri rispetto ai cittadini locali”. Un esempio che rende evidente la pratica diffusa a livello globale per preservare aree naturali fragili e finanziare la loro tutela.


Le critiche e il punto di vista dei lavoratori del parco

Non mancano però le critiche, soprattutto da parte di una coalizione composta da dipendenti attuali ed ex operatori del servizio parchi nazionali. Emily Thompson, direttrice esecutiva della Coalizione per la protezione dei parchi nazionali americani, segnala come il personale dei parchi abbia subito un taglio di quasi il 25% nell’ultimo anno. “Questa tassa potrebbe aggravare ulteriormente le difficoltà di chi lavora sul campo, già oberato e sotto organico”, avverte.

Un intervento critico arriva anche da Gerry Seavo James, del Sierra Club, che ricorda le politiche degli ultimi anni volte a ridurre fondi e risorse al servizio, mettendo a rischio la sopravvivenza stessa delle aree protette. “Aumentare il costo d’ingresso per i turisti stranieri non sostituirà gli investimenti necessari. Così rischiamo di trasformare i nostri parchi nazionali in luoghi esclusivi per pochi, invece di risorse condivise con tutta la collettività.”

Dall’Amministrazione, infine, si evidenzia che a partire da gennaio verranno raccolti dati più precisi sui visitatori internazionali, al fine di monitorare meglio gli effetti della nuova tassa. Intanto, nei mesi scorsi, alcuni legislatori repubblicani hanno proposto al Congresso un disegno di legge che formalizzerebbe l’introduzione del sovrapprezzo, mettendo in primo piano la tutela degli interessi dei cittadini americani.


Conclusioni

La nuova imposta sui turisti stranieri nei parchi nazionali degli Stati Uniti segna un cambiamento significativo nell’approccio alla gestione di questi tesori naturali. Da un lato, rappresenta una strategia mirata a garantire finanziamenti necessari per la conservazione di ambienti unici al mondo. Dall’altro, solleva legittime preoccupazioni per il possibile calo del turismo internazionale e l’impatto economico sulle realtà locali che da decenni vivono grazie a visitatori provenienti da tutto il globo.

In un equilibrio delicato tra tutela ambientale, sostenibilità economica e accessibilità universale, gli Stati Uniti si trovano ora a dover misurare con attenzione le conseguenze di queste nuove politiche. Solo il tempo e i dati raccolti nei prossimi mesi potranno confermare se questa “tariffa America-first” sarà un modello di successo o un altro ostacolo nel cammino verso una fruizione globale e rispettosa del proprio patrimonio.